Una traccia nascosta nel dilemma dell’Occidente


La riscoperta della natura prima della Grande Guerra
  

Estratto dal libro di Domenico Palermo su “I precursori dell’ambientalismo",  un passaggio centrale per comprendere il rapporto fra il movimento Wandervögel e la guerra. La loro ribellione alla società industriale ed alla morale borghese, con il rifiuto del progresso e la scelta di vivere in armonia con la natura, non avrebbe mai lasciato immaginare che questi giovani idealisti avrebbero aderito volontariamente alla Grande Guerra tradendo il loro spirito ribelle, libertario e, soprattutto, così sensibile alla pace della natura.



L’adesione alla retorica della guerra
Il Movimento Giovanile Tedesco non restò immune all’entusiasmo patriottico che contagiò tutta la Germania allo scoppiare della prima guerra mondiale. Questi giovani ribelli sposarono in pieno la retorica del loro paese, della classe dirigente e della grande industria di guerra che sostenne lo sforzo bellico. Nonostante la loro ribellione alla morale borghese ed il rifiuto del modello di sviluppo industriale, nel momento in cui la patria ebbe bisogno di loro, i Wandervögel furono attivamente impegnati a sostenere l’entrata nel conflitto con articoli sui loro periodici e con i discorsi dei giovani Führer. La giovane poetessa Ina Seidel in suo poema pubblicato nel novembre del 1914 sulla rivista Führerzeitung concludeva l’intervento con una esclamazione che incitava a partecipare alla guerra: “Che fortuna essere giovani oggi!”[i] e un leader dei Wandervögel, Neuendorff, affermò che

“la guerra è scoppiata ‘perché gli altri popoli non potrebbero sostenere da soli una pacifica competizione con la potenza, l’industria e l’onestà tedesca... loro perfidamente erano desiderosi di sconfiggerci attraverso la forza bruta e la forza del numero’”[ii].

La fragilità del pacifismo
Un movimento culturalmente critico verso la società guglielmina e la potenza industriale del Reich non si oppose alla scelta del proprio paese di entrare in guerra, non contestò la macchina propagandistica che trasformò esseri umani in soldati, vittime sacrificali senza dignità da gettare nelle trincee nemiche in una inutile lotta priva di qualsiasi speranza e umanità. Solo una minoranza si oppose, tra cui Hans Paasche[iii] e un giovane intellettuale, Walter Benjamin. Mentre Paasche aveva posizioni nettamente contrarie alla guerra, Benjamin, inizialmente, voleva partire come volontario al fronte, come scrive nella sua biografia Gershom Scholem:
“nei primi giorni dell’agosto del 1914 si era presentato volontario a Berlino insieme a diversi amici appartenenti alla «Jugendbewegung». Non si era deciso a quel passo sulle ali dell’entusiasmo per la guerra, ma per fare in modo di restare tra amici e compagni di idee, prevenendo l’inevitabile chiamata. Tuttavia, la domanda era stata respinta”[iv].
Ma “Benjamin non era affatto un «pacifista convinto», come capita di leggere ogni tanto. Non voleva avere nulla a che fare con questa guerra, ma ciò non accadeva in virtù di un’ideologia pacifista, che gli era estranea”[v], ma come la fine di un percorso di maturazione spirituale che l’aveva condotto a riconoscere l’inumanità e l’inutilità di quella guerra. L’autore della biografia ricorda che Benjamin, quando lo andò a trovare nel luglio 1915, gli disse
“di aver abbandonato quel mondo (la Jugendbewegung, n.d.a.) andato in frantumi con lo scoppio della guerra, soprattutto perché la persona più importante della rivista (Der Anfang, in cui Benjamin lavorava, n.d.a.), il suo amico Heinle – che egli non smise mai di chiamare in seguito semplicemente «il mio amico» -, pochi giorni dopo l’inizio del conflitto si era tolto la vita insieme alla sua compagna” (p. 28) per manifestare la loro contrarietà alla guerra, nella casa dove si riuniva il Movimento Giovanile”[vi].
Egli ebbe negli anni precedenti alla guerra, un ruolo importante nel Movimento, fu uno dei redattori della rivista Der Anfang e presidente della Freie Studentenschaft di Berlino. In quella veste aveva sostenuto l’importanza del rinnovamento spirituale dei giovani, ma lo scoppio della guerra e le lotte interne lo portarono a non parlare più di quel periodo: “sull’ambiente della Jugendbewegung, tuttavia, Benjamin continuava a esprimersi solo in termini assai generici, senza spiegare in modo più circostanziato le catastrofi e le tensioni alle quali faceva allusione”[vii].
È evidente che i discorsi tenuti l’anno precedente sul Monte Meissner furono completamente dimenticati: il sentimento genuino del primo periodo dei Wandervögel, l’ingenuo vagabondare nella natura tedesca, i loro ideali, dopo lo scontro con la realtà dei campi di battaglia, lasceranno il posto al dolore e all’odio.

La strage inutile della guerra
Il concetto di natura subì una trasformazione divenendo la base su cui giustificare la diversità del popolo tedesco rispetto agli altri popoli, trasformandola da elemento vivificante dell’Heimat e del Volk ad elemento diversificante e di rottura che attraverso il culto della razza ariana e della diversità tedesca contrappose successivamente il Bund alla Repubblica di Weimar.
Molti leader del Movimento furono chiamati al fronte e le attività subirono un’interruzione almeno sino al 1915 quando ormai la situazione di guerra divenne una condizione “normale” di vita[viii]. La guerra lampo, da realizzare secondo le linee strategiche del piano Schlieffen, si trasformò in una logorante guerra di trincea che cambiò l’animo dei giovani soldati ed ebbe conseguenze sul Movimento, sia dal punto di vista culturale, sia nella composizione, in quanto si rafforzò la presenza delle donne anche in ambito regionale, fenomeno generalizzato durante la guerra in quanto gli uomini si trovavano impegnati al fronte.
La visione romantica di una società tedesca intenta a costruire la patria mutò improvvisamente: il contadino e l’operaio, arruolati come soldati, lottavano solo per la sopravvivenza. Le lettere delle prime settimane che parlavano dei nemici dell’intesa come di un “branco di pecore” lasciarono il posto a testi disincantati di fronte all’esperienza del conflitto. L’iniziale illusione lasciò il posto ad una grande delusione, i Wandervögel avevano incontrato veramente dei contadini, degli operai ed ora potevano comprendere quanto avessero idealizzato nei loro discorsi quei coetanei. Proprio attraverso la convivenza nelle trincee, avevano potuto constatare quanto fossero soli nel loro romantico mondo e quanto fossero odiati perché persone di cultura fra gli ignoranti[ix].
Nei primi mesi della guerra questi ragazzi cercarono di organizzarsi, di stabilire delle reti di comunicazione fra loro per incontrarsi, come nel 1917, quando riuscirono a organizzare un incontro di duecento militari a Bruxelles[x]. Inoltre cercarono di mantenere vivo il rapporto con chi era rimasto a casa, attraverso lettere contenenti le loro impressioni e resoconti che spesso venivano pubblicate sui loro organi ufficiali di stampa.
Ma la realtà nelle trincee e sui campi di battaglia era ogni giorno più dura e la differenza percepita con gli altri era il frutto di una differenza culturale profonda, alimentata da un errore di valutazione: loro, figli della media borghesia, pensavano, sbagliando, di non aver nulla a che spartire con la massa dei poveri usati come carne da macello nella guerra. La realtà squarciò il velo di ingenuità che aveva riempito i loro occhi durante la giovinezza errante fra la natura e gli rivelò la miseria dell’umanità nella guerra: come scrisse nel 1919 il sottotenente Oelbermann, futuro Führer dei Nerothers, riferendosi allo stato d’animo con cui conviveva assieme ai suoi soldati, “la paura ci sopraffece. Eravamo esseri umani? O animali? Solo il dovere sostenne molti di noi fino alla fine”[xi]. Li sostenne dal divenire osceni come i propri sottoposti o commilitoni. Ma tutti vivevano la stessa condizione, in prima linea, dove l’unico scopo è salvare la propria vita.
In questo clima molti giovani continuarono ad esaltare le gesta eroiche del soldato tedesco al fronte, sognando di ritornare al più presto a casa e di ricominciare a pianificare escursioni su un territorio tedesco più vasto, certi della vittoria. Ma non ebbero il tempo di capire cosa stesse succedendo e, molti di loro, morirono i primi mesi sotto gli attacchi nemici.
Dei quattordicimila Wandervögel che presero parte alla guerra, solo diecimila ritornarono. Morirono fra loro anche alcune figure importanti come l’editore della prima raccolta di canzoni del Movimento, Hans Breuer e l’organizzatore del raduno sul Monte Meissner, Christian Schneehagen, oltre ai leader dei Wandervögel austriaci e boemi.

Le conseguenze della Grande Guerra
Il primo cambiamento culturale dovuto al conflitto mondiale fu l’aprirsi di una frattura nel Movimento per il desiderio di alcuni gruppi di passare all’azione politica. Cominciarono ad avere visibilità realtà che, pur muovendosi all’interno del Movimento Giovanile Tedesco, rivendicavano un forte mutamento al suo interno. Le radici di questo cambiamento di prospettiva affondavano nel 1913, quando molti gruppi, che si identificavano con le idee del mensile Der Anfang, uscirono fuori dalla neutralità ufficiale in politica e religione per promuovere una riforma radicale della scuola. Questa scintilla infiammò gli animi di molti che cominciarono ad immaginare di cambiare anche la società avvicinandosi al Socialismo, come Alfred Kurella, Karl Bittel e Ernst Joel, quest’ultimo editore nel 1915 di un nuovo periodico, Der Aufbruch, che si poneva dei dubbi sulla guerra e promuoveva le idee socialiste senza mai scrivere la parola “Socialismo”, considerata per l'epoca “ancora troppo provocatoria o ambigua”[xii]. La parte del Movimento di ispirazione socialista affrontò temi importanti come la partecipazione alla vita politica e sociale del paese da parte dei giovani, la riforma agraria per favorire la nascita del socialismo e la “lotta di classe generazionale”[xiii], introdotta da Friedrich Bauermeister. Le difficoltà che questa parte del Movimento incontrò durante la guerra furono dovute alla censura militare che ne limitò di molto l'azione a vantaggio della destra interna, che ebbe maggiore libertà.
I gruppi di destra, anche estrema, ebbero, infatti, maggiore visibilità per la facilità con cui poterono conciliare le proprie idee con l’ideologia Völkisch. Questi gruppi si coagularono attorno alla figura di Otger Gräff, rivendicando con forza un ritorno alla pura lingua tedesca priva di parole straniere, l’adozione di caratteri di stampa tedeschi e la difesa della purezza della razza ariana rispetto alle altre razze[xiv]. Durante il periodo del conflitto il gruppo non superò i centocinquanta membri e lo stesso Gräff perse la vita in guerra. Ma era solamente l’inizio di un confronto che si sarebbe acuito durante la Repubblica di Weimar.
Proseguì, inoltre, lo scontro sull’apertura alle donne, che divennero sempre più numerose e cominciarono a chiedere maggiori spazi decisionali[xv]. Alcuni gruppi maschili decisero, alla fine della guerra, di abbandonare il Movimento in quanto sostenitori dell’idea che il Bund dovesse essere composto solo da maschi, altrimenti si sarebbe corrotto. A questo scontro fra i due sessi, si aggiunse contemporaneamente il confronto fra generazioni di Wandervögel; i più giovani, approfittando dell’impegno dei più grandi al fronte, chiesero un ringiovanimento degli incarichi di responsabilità, proponendo un limite di età per essere Wandervögel, al fine di escludere gli adulti[xvi]. Molti ex Wandervögel, di fronte all’esclusione, crearono delle associazioni di giovani uomini e donne che portassero avanti l’esperienza giovanile di cambiare la Germania attraverso un lavoro di trasformazione della nazione. Furono creati diversi Landsgemeinde, luoghi dove continuare l’esperienza del Bund. Ma fu un fallimento, perché le diversità negli adulti dividono, per la difficoltà di mettersi in discussione[xvii].
La disillusione travolse la Freideutsche Jugend[xviii], in quanto troppo fragile dal punto di vista organizzativo per reggere al confronto interno attorno al tema del futuro politico della Germania. Il Movimento era invitato a schierarsi fra destra nazionalista e sinistra comunitaria, ma anche ad elaborare una propria via, rischiando, in questo modo, di perdere la propria unità. Nel 1917 uscì un intero numero della loro rivista sulla necessità di una educazione politica dei giovani ma, come spiegato chiaramente in un articolo: “stiamo cercando una linea politica, ma non la troviamo in nessuno degli esistenti partiti perché nessuno di loro è in sintonia con i nostri desideri ed i nostri ideali”[xix].
In questa ricerca di punti di riferimento sul proprio ruolo nella crisi culturale che la guerra aveva creato, ad agosto del 1917 fu invitato Wyneken ad un meeting dei giovani della Germania occidentale, il quale riuscì non solo a riconquistare la fiducia dei partecipanti ed a spazzare via ogni dubbio nella dirigenza, ma ricostituì, dopo gli scontri e l’espulsione, un’alleanza con il Movimento[xx]. Questo creò nuove aspettative unitarie, ma la sconfitta lasciò altre ferite profonde difficili da rimarginare.




[i] W. Laqueur, Young Germany, p.87, il cui testo originale recita: ‘o holy fortune, to be young today!’.
[ii] Ibidem.
[iii] Cfr. W. Lange, Hans Paasche. Militant Pacifist in Imperial Germany, trad. ingl. di David Koblick, Trafford Publishing, Oxford, 2005, versione ebook. Paasche per questa radicale e profonda scelta verrà ucciso nel maggio del 1920 da una squadra militare irregolare di estrema destra. Si veda anche a questo proposito quanto riferisce il Laqueur nella sua già citata opera, in cui sottolinea che “If such political enemies of the Kaiser as the Social Democrats could so wholeheartedly support the war, as they did during its early stages, one could hardly expect a dissenting voice from the youth movement; even such a radical critic of Wilhelmian society as Wyneken was at first in favour of the war. Only a very few sympathizers of the youth movement among the older generation, such as F. W. Foerster or Hans Paasche, did not share the general enthusiasm of August 1914, but professed a pacifism which was a matter of principle rather than party politics” (pp.100-101).
[iv] G. Scholem, Walter Benjamin. Storia di un’amicizia, trad. it. di Emilio Castellani e Carlo Alberto Bonadies, Adelphi Edizioni, 2008, p. 30.
[v] Ivi, p. 51.
[vi] Cfr. G. Scholem, Walter Benjamin. Storia di un’amicizia, p. 28 e segg.
[vii] Ivi, p. 39. Scholem riferisce che Benjamin avesse aggiunto che le catastrofi e le tensioni fossero il frutto “di una sorta di culto del genio che avrebbe, a suo dire, imperversato in quell’ambiente”.
[viii] Cfr. Wandervogel, 5, 1916, p. 98, citazione contenuta in W. Laqueur, Young Germany, p. 88.
[ix] Cfr. W. Laqueur, Young Germany, p. 89, in cui l’autore attraverso alcuni brani pubblicati sulle riviste del Movimento Giovanile Tedesco, fa comprendere la differenza fra giovani. Mentre i membri dei Wandervögel tentavano di elevare la discussione, inesorabilmente “ogni conversazione iniziava e finiva con delle oscenità” e la loro riluttanza a sentirsi parte di questi discorsi attirò nei loro confronti l’odio dei commilitoni: “gli ignoranti odiavano ogni soldato acculturato”. Questi giovani venivano isolati, costretti a vivere “giorni tristi e notti pesanti tra uomini volgari e squallidi” che ignoravano, e lo avrebbero ignorato forse per sempre, l’importanza di combattere per un ideale alto, per la patria, e dell’impatto che questo avrebbe avuto sul mondo.
[x] Ivi.
[xi] Wandervögel, 6, 1919, p. 156. Citazione contenuta in W. Laqueur, Young Germany, p. 90.
[xii] W. Laqueur, Young Germany, p. 101.
[xiii] Cfr. Der Aufbruch, July 1915, citato in W. Laqueur, Young Germany, p. 101.
[xiv] Cfr. W. Laqueur, Young Germany, p. 91.
[xv] Se allo scoppio della prima guerra mondiale i gruppi femminili erano una piccola minoranza, al termine della guerra c’erano 243 gruppi femminili e 326 gruppi maschili, con 98 gruppi misti (Cfr. Wandervögel, 7/8, 1918, p.177, citato in W. Laqueur, Young Germany, p. 94).
[xvi] Cfr. A Kurella in Wandervögel, 5/6, 1918, p. 138, citato in W. Laqueur, Young Germany, p. 92.
[xvii] Cfr G. Schmidt, Randbemerkungen, 1917, pp. 12 e seguenti, citato in W. Laqueur, Young Germany, p. 93.
[xviii] Cfr. P. Stachura, The German Youth Movement 1900 – 1945, pp. 32-33. L’autore illustra lo spirito di unità su cui nacque questa federazione, traendo ispirazione da quanto vissuto sul Monte Meissner: “A loose federation of the groups present was created called Free German Youth (Freideutsche Jugend), whose proclaimed ideal was autonomy of youth, as expressed in a brief, rather vague, but important statement agreed to by the meeting and known as the Meissner Formula”.
[xix] Freideutsche Jugend, 1/2, 1917, p. 11, (‘We are looking for a political direction, but cannot find it in any of the existing parties because none of them conforms with our wishes and ideals’) citato in W. Laqueur, Young Germany, p. 96.
[xx] Freideutsche Jugend, 9, 1917, p. 329, citato in W. Laqueur, Young Germany, p. 97.

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