FRANZ
JÄGERSTÄTTER, A MANI NUDE CONTRO HITLER
di Anselmo
Palini
Pochissime persone in Germania e in
Austria si rifiutarono, durante la seconda guerra mondiale, di arruolarsi nell’esercito
nazista. Fra queste emerge la figura di Franz Jägerstätter, un contadino
austriaco che venne giustiziato appunto perché rifiutò di prestare servizio
militare nell’esercito di Hitler. Nel corso del 1993, nel cinquantesimo
anniversario della morte, sono state avviate dalla diocesi di Linz le procedure
per chiedere l’apertura del processo di beatificazione per Franz Jägerstätter.
Questo fatto ha significato un riconoscimento ai massimi livelli della figura e
del martirio di Franz Jägerstätter. Certamente, però, per molto tempo la
persona e le azioni di questo contadino austriaco sono state valutate
diversamente e non hanno ottenuto quel riconoscimento che certamente meritano 1.
L’ambiente di vita
Franziskus
(Franz) Jägerstätter nasce a St. Radegund (Santa Radegonda) il 20 maggio 1907 e
il giorno successivo viene battezzato. La madre, Rosalia Huber, figlia di
piccoli contadini, fa la domestica in un paese vicino, Eggeltsdorf; il padre
naturale, Franz Bachmeier, è pure lui figlio di contadini. I due genitori sono
troppo poveri per poter mantenere una famiglia, per cui il piccolo Franz viene
affidato alla nonna materna, Elisabeth Huber. La nonna ed educatrice di Franz
Jägerstätter è stata descritta da chi l’ha conosciuta come donna forte,
religiosa ed amorevole. Già nel 1915 il padre naturale di Franz, Bachmeier, era
morto sul fronte della prima guerra mondiale. Il 19 febbraio 1917 la madre di
Franz, Rosalia Huber, allora trentaduenne, sposa Heinrich Jägerstätter, un
contadino del posto, che adotta il piccolo Franz.
L’abitato di St. Radegund, situato a circa 50 km a nord di Salisburgo, nell’Austria superiore, comprende, verso il 1930, un territorio di circa 18 kmq, con meno di 600 residenti, tutti cattolici. Il paese era prevalentemente agricolo ed è situato lontano dalle grandi vie di comunicazione e dai grandi centri. Siamo nella zona dell’alto Inn, nella diocesi di Linz.
L’abitato di St. Radegund, situato a circa 50 km a nord di Salisburgo, nell’Austria superiore, comprende, verso il 1930, un territorio di circa 18 kmq, con meno di 600 residenti, tutti cattolici. Il paese era prevalentemente agricolo ed è situato lontano dalle grandi vie di comunicazione e dai grandi centri. Siamo nella zona dell’alto Inn, nella diocesi di Linz.
Il giovane Franz Jägerstätter
A vent’anni il giovane Franz si reca a lavorare in
un’azienda agricola nel Teising, in Baviera. Poco tempo dopo, insoddisfatto del
proprio lavoro, si reca in Stiria, dove viene assunto come minatore. Come
risulta dalle numerose testimonianze raccolte da Gordon Zahn2, il giovane Jägerstätter era simpatico, robusto,
dinamico, brioso, amante della compagnia. Durante gli anni della gioventù, la
pratica religiosa di Franz Jägerstätter è simile a quella di molti giovani
della sua età: partecipa alle varie funzioni religiose, ma senza particolare
entusiasmo e devozione.
Un momento fondamentale nella vita di
Franz Jägerstätter: il matrimonio con Franziska Schwaninger
Quanti hanno potuto conoscere Franz Jägerstätter sono
concordi nell’individuare nel matrimonio un momento di svolta nella sua vita.
Sin dal ritorno dal lavoro nella Stiria, il giovane Franz è alla ricerca di un
più preciso senso per la propria vita. Nel matrimonio e nella vita coniugale
trova quella completezza e serenità che ricercava da tempo. Franziska
Schwaninger è una giovane donna dalla profonda fede, attinta dalla vita in
famiglia e dalla partecipazione al gruppo giovanile della parrocchia. Franz e
Franziska si sposano il 9 aprile 1936, il giovedì santo, alle 6,30 di mattina:
subito dopo partono per il viaggio di nozze, rinunciando alla solita grande
festa con parenti ed amici. Si sposano di prima mattina per riuscire ad unirsi
al pullman di pellegrini, giunto da Vienna, e diretto a Roma. Arrivati a Roma,
i due sposi possono visitare i luoghi cari alla tradizione cattolica e
partecipare ad un’udienza del Papa. Tornati a Santa Radegonda, tutti notano che
Franz appare interessato ad approfondire maggiormente la propria religiosità.
La visita a Roma ha sicuramente inciso in questo cambiamento, al pari della
profonda fede della moglie.
I primi periodi in divisa
militare
Nel
giugno del 1940 Franz Jägerstätter per alcuni giorni viene chiamato alle armi
per un periodo di preparazione. Un secondo più lungo periodo in divisa lo
trascorre dall’ottobre 1940 all’aprile 1941: anche in questo caso si tratta di
mesi di duro addestramento, che mira a trasformare ogni singola persona in un
puro e semplice ingranaggio dell’apparato della Wehrmacht; ciò provoca
naturalmente in Franz Jägerstätter forte inquietudineAnche nel caso di questo secondo periodo
di addestramento, Franz Jägerstätter può tornare a casa in quanto gli viene
riconosciuta l’insostituibilità nella conduzione della fattoria familiare. Il
ritorno a casa è caratterizzato dalla netta convinzione che non potrà più
vestire la divisa militare e che pertanto non obbedirà ad una nuova chiamata
alle armi.
Un vescovo e molti suoi sacerdoti contrari al nazismo
Al momento dell’ascesa al potere di Hitler, tra i vescovi austriaci prevale una linea conciliante con il nazismo, impersonata dal primate di Vienna card. Theodor Innitzer. È sintomatico, però, che proprio Johannes Maria Gföllner, vescovo della diocesi di Linz (in cui era situata la parrocchia di St. Radegund) dal 1915 al 1941, sia stato un acerrimo avversario del nazismo. Nell’ambito della diocesi di Linz, e soprattutto nel distretto di Braunau, dove si trovava St. Radegund, l’opposizione alle idee naziste è diffusa fra il clero. Quaranta preti della diocesi di Linz finiscono nei campi di concentramento e undici di essi vi trovano la morte. Quale influenza abbia avuto una tale situazione su Franz Jägerstätter non è dato sapere esattamente. Tuttavia è certo che, essendo St. Radegund fra i paesi meno accondiscendenti verso il nazismo, Franz Jägerstätter ha la possibilità di maturare la propria scelta di obiezione senza incontrare grandi ostilità, anzi per ben due volte le autorità locali appoggiano la sua richiesta di esonero dal servizio militare per insostituibilità nella conduzione della fattoria familiare. Con il passar del tempo la riflessione di Franz Jägerstätter assume comunque sempre più gli aspetti di un approfondimento individuale e solitario: l’avvento del nazismo, e la conseguente paura delle persecuzioni, spinge molti, anche nella Chiesa, al silenzio e ad un tacito consenso.
Un vescovo e molti suoi sacerdoti contrari al nazismo
Al momento dell’ascesa al potere di Hitler, tra i vescovi austriaci prevale una linea conciliante con il nazismo, impersonata dal primate di Vienna card. Theodor Innitzer. È sintomatico, però, che proprio Johannes Maria Gföllner, vescovo della diocesi di Linz (in cui era situata la parrocchia di St. Radegund) dal 1915 al 1941, sia stato un acerrimo avversario del nazismo. Nell’ambito della diocesi di Linz, e soprattutto nel distretto di Braunau, dove si trovava St. Radegund, l’opposizione alle idee naziste è diffusa fra il clero. Quaranta preti della diocesi di Linz finiscono nei campi di concentramento e undici di essi vi trovano la morte. Quale influenza abbia avuto una tale situazione su Franz Jägerstätter non è dato sapere esattamente. Tuttavia è certo che, essendo St. Radegund fra i paesi meno accondiscendenti verso il nazismo, Franz Jägerstätter ha la possibilità di maturare la propria scelta di obiezione senza incontrare grandi ostilità, anzi per ben due volte le autorità locali appoggiano la sua richiesta di esonero dal servizio militare per insostituibilità nella conduzione della fattoria familiare. Con il passar del tempo la riflessione di Franz Jägerstätter assume comunque sempre più gli aspetti di un approfondimento individuale e solitario: l’avvento del nazismo, e la conseguente paura delle persecuzioni, spinge molti, anche nella Chiesa, al silenzio e ad un tacito consenso.
Un tradimento del messaggio
evangelico
Il 10
marzo 1938 le truppe di Adolf Hitler superano le frontiere e occupano l’Austria.
Un mese dopo, esattamente il 10 aprile, ha luogo il plebiscito che ratifica
quasi all’unanimità il fatto compiuto. In occasione di questa consultazione
popolare per l’annessione (Anschluß) alla Germania, appoggiata anche dai
vertici ecclesiastici, Franz Jägerstätter partecipa controvoglia al voto e
comunque è tra i pochi a dichiarare di votare “no”. Per Franz Jägerstätter il
sostegno ufficiale offerto dalla Chiesa nel referendum del 1938 rappresenta un
vero e proprio tradimento del messaggio evangelico: “Il giovedì santo, per noi
austriaci, è stato quell’infelice 10 aprile 1938: allora la Chiesa austriaca si
fece imprigionare e da allora è ancora in catene e fintanto che questo Sì, che
pure per molti cattolici fu detto per paura, non diventerà un No, non ci sarà
per noi alcun venerdì santo"
Una
scelta maturata nella solitudine
Tornato a casa nell’aprile del
1941, Franz riprende il proprio lavoro nella fattoria di famiglia. Franz
Jägerstätter e la moglie si distinguono subito in paese per la partecipazione
quotidiana alla Messa. Accade così che alla morte del sagrestano, nell’estate
del 1941, il nuovo parroco, padre Fürthauer, che aveva sostituito padre
Karobath, allontanato dai nazisti, proponga a Franz Jägerstätter di prenderne
il posto. Questo nuovo servizio, accettato da Franz, viene sempre svolto con
precisione e cura, senza, tra l’altro, trascurare il proprio lavoro di
contadino4. Franz in
questo periodo vuole innanzitutto chiarirsi come cristiano quale debba essere
la sua scelta di fronte ad una possibile nuova chiamata alle armi. Si dedica
così allo studio della Bibbia, alla lettura dei documenti della Chiesa, al
confronto con le persone in cui ha fiducia. Prega, medita, digiuna. Lamenta però
anche l’assenza di indicazioni da parte della Chiesa. Da qui la necessità di un
lavoro pressoché individuale di ricerca e di riflessione, che deve fare i conti
con le sempre maggiori pressioni provenienti dall’ambiente esterno e tendenti a
farlo desistere dal suo proposito5. Dai numerosi manoscritti di Franz Jägerstätter,
risalenti a questo periodo di attesa di una nuova chiamata alle armi (aprile
1941 – febbraio 1943), risulta chiaramente la condanna della guerra voluta
dalla Germania e il rifiuto del nazionalsocialismo in quanto ideologia che
vuole sottomettere il mondo e combattere la Chiesa. Vi sono parole molto dure
per tutti coloro che da un lato desiderano la pace e pregano per essa, ma
dall’altro continuano a combattere per il nazismo. Franz Jägerstätter rifiuta
di addossare tutte le responsabilità di quanto sta accadendo ad una sola
persona e non accetta di considerare gli avvenimenti della guerra come
ineluttabili colpi del destino: ognuno è responsabile delle proprie scelte
individuali6.
Per avere chiarimenti sulla decisione che deve prendere e soprattutto per
essere confermato dalla Chiesa, Franz richiede un incontro con il vescovo di
Linz, mons.
J.C.
Fließer, succeduto nel 1941 al vescovo Gföllner. Franz Jägerstätter si reca a
Linz accompagnato dalla moglie, la quale tuttavia non partecipa al colloquio.
Franz Jägerstätter, come ricorda la moglie, esce triste e deluso dal colloquio
con il vescovo. Probabilmente il vescovo, non conoscendo Jägerstätter, era
stato molto prudente. La Gestapo infatti usava tutti i mezzi per individuare
quanti fossero contrari al nazismo, soprattutto fra chi aveva posizioni di
responsabilità e poteva dunque influenzare la popolazione. Con il trascorrere
del tempo, la decisione di Franz Jägerstätter di non combattere nell’esercito
nazista diventa sempre più sicura e ferma. Contemporaneamente i parenti ed il
vicinato, venuti a conoscenza di questo suo proposito, cercano di dissuaderlo.
Interviene anche il sindaco del paese, ma inutilmente. Josef Karobath, parroco di St. Radegund dal 1934 al 1940
e fraterno amico di Franz, sulla cronaca parrocchiale annota di un colloquio
avuto con Jägerstätter nel 1942, alla presenza anche di un altro sacerdote. “Mi
ha lasciato ammutolito. Volevamo farlo desistere, ma ci ha sempre sconfitti
citando le Scritture. Devo dargli ragione, ma vorrei salvargli la vita”7. Franz Jägerstätter fu dunque un testimone solitario
ed è nella solitudine della sua coscienza che prese la decisione di andare fino
in fondo nella sua opposizione al nazismo.
Nove
importanti commentari
Prima
di essere chiamato alle armi e successivamente arrestato, Franz Jägerstätter
scrive alcune importanti riflessioni, che chiamò “Commentari”, che sua moglie
mise a disposizione di Gordon Zahn. Non è possibile qui soffermarsi
diffusamente su tutti questi scritti, tuttavia alcuni accenni al primo di essi
ci possono servire per far emergere come l’opposizione di Franz Jägerstätter al
nazismo sia di natura nettamente politica, con chiare radici nella fede
religiosa. Questo primo commentario ha come titolo: Un problema all’ordine
del giorno: cattolico o nazionalsocialista? In questo testo è riportato un
famoso sogno che fece Franz Jägerstätter: “A un tratto vidi un bel treno che
girava attorno ad un colle. Senza contare gli adulti, c’era perfino un gran
numero di ragazzi che accorreva per salire su quel treno ed era quasi
impossibile impedirglielo. Erano ben pochi qui gli adulti che non facessero
parte del viaggio, ma di questo non preferisco dire di più. Poi tutto ad un
tratto una voce mi disse che quel treno partiva per l’inferno. All’inizio non
riuscivo a spiegarmi l’enigma di quel treno che correva, ma col passare del
tempo quel sogno va perdendo molto del suo mistero, tanto che oggi mi pare che
quel treno volesse rappresentare qualcosa di ben definito: il
nazionalsocialismo, che a quel tempo stava lanciando, in maniera più o meno
velata, le sue organizzazioni”8. Poi Franz Jägerstätter prende in esame il rapporto
fra fede cattolica e nazionalsocialismo: “In Germania, prima che Hitler
conquistasse il potere, si diceva che un nazionalsocialista non poteva essere
ammesso alla comunione. Ma che se ne pensa oggi, in questo grande Reich
tedesco? Pare che taluni, anche se membri del partito, si accostino alla
comunione con la coscienza tranquilla, ed esortino i loro figli ad aderire al
partito o addirittura li educhino in modo da farne dei veri nazionalsocialisti.
Oggi, mentre da più di due anni ci si abbandona a una orribile azione di
sterminio, c’è forse stato un mutamento di programma? Tutto quanto accade
sarebbe dunque considerato come consentito e giudicato senza importanza? Oppure
i dottori della Chiesa hanno già sentenziato? Hanno già dato la loro
approvazione? È diventato lecito dare la propria adesione a un partito nemico
della Chiesa?”9
La nuova chiamata alle armi e la carcerazione a Linz
Il 23 febbraio 1943 Franz Jägerstätter riceve la nuova
chiamata alle armi. La separazione dalla moglie è straziante. Franziska
ricorderà poi che, per evitare un tale nuovo inutile strazio, rinuncerà ad
andare subito a trovare il marito in carcere. È lui stesso, dopo alcuni giorni,
esattamente il 1 marzo, a presentarsi in caserma, a Enns, senza attendere di
essere catturato per renitenza. Una volta presentatosi in caserma, Franz
Jägerstätter manifesta subito il suo proposito di non indossare la divisa.
Probabilmente a Enns viene proposto un accordo a Jägerstätter, consistente
nell’impiego in alcuni servizi particolari non armati, in cambio
dell’accettazione della divisa militare e del ritiro del rifiuto. Da Enns Franz
Jägerstätter è subito portato nel carcere giudiziario della Wehrmacht a Linz,
dove rimarrà per un paio di mesi (2 marzo 1943 – 4 maggio 1943). In questo
periodo vi sono nuovi tentativi di convincere Franz ad accettare
l’arruolamento. A un certo punto sembra possibile un impiego nella sanità,
eventualità che Jägerstätter pare inizialmente non rifiutare, ma poi non se ne
fa più nulla, probabilmente a causa di condizioni considerate inaccettabili da
Franz. Il giovedì santo e il sabato santo (22 e 24 aprile 1943) Franz riesce ad
ottenere la visita di un sacerdote: può così confessarsi e comunicarsi. Questo
sacerdote, Franz Baldinger, rintracciato dal sociologo americano Gordon Zahn
dopo la guerra, dichiarerà di ricordare bene Franz Jägerstätter e di avere
cercato di convincerlo a desistere dal suo proposito10 In questo periodo trascorso nel carcere di Linz, Franz
Jägerstätter viene a conoscenza di altri esempi di resistenza al nazismo, in
particolare della vicenda di padre Franz Reinisch, un sacerdote austriaco
finito sul patibolo per essersi rifiutato di collaborare con i nazisti11. Questo gli è naturalmente di grande conforto. Si
rende conto di non essere solo a rifiutare il nazismo e la sua ideologia.
Il
trasferimento a Berlino e il processo
Il 4
maggio 1943 Franz Jägerstätter è trasferito nel carcere preventivo della
Wehrmacht a Berlino Tegel. Il trattamento che viene qui riservato ai
prigionieri è probabilmente più duro e brutale rispetto a quanto sperimentato a
Linz. Jägerstätter non ne parla alla moglie, nelle sue numerose lettere,
probabilmente per non angustiarla ulteriormente. Franz Jägerstätter viene
giudicato dal tribunale di guerra del Reich, al quale venivano inviati i casi
gravi, relativi cioè ad alti ufficiali, oppure i casi complessi, come quelli
per renitenza alla leva.
Anche a Berlino si tenta di convincere
Franz a prestare servizio militare. Il difensore d’ufficio cerca di indurre il
proprio cliente a cambiare posizione. Fa incontrare Jägerstätter con il
cappellano della Wehrmacht e invita a Berlino anche Franziska Huber, moglie di
Franz. Franziska si reca a Berlino accompagnata dal parroco di St. Radegund, il
vicario Fürthauer. Il colloquio, di circa 20 minuti, avviene lunedì 13 luglio
1943, nell’edificio del tribunale di guerra del Reich. Gran parte del tempo
viene occupato dal vicario nel tentativo di convincere Franz a recedere dalla
sua decisione. La reazione di Jägerstätter alle parole del parroco fu certamente
di forte irritazione, come risulta da una lettera che inviò poi alla moglie12 . La sentenza di condanna a morte è pronunciata il 6
luglio 1943 e confermata il 14 luglio 1943.
La morte a
Brandeburgo
Trascorrono 34 giorni prima che la sentenza venga eseguita.
In questo periodo Franz trova sostegno nel seguire le ricorrenze dell’anno
liturgico e nella visita di un sacerdote che gli porta l’Eucarestia. La lettura
della Bibbia è ciò che l’accompagna in questo ultimo periodo di vita. Su un
quaderno scritto in carcere, conservato dalla moglie, annota una serie di
considerazioni sulla Sacra Scrittura, dimostrando grande capacità di giudizio e
una corretta visione anche in fatto di problematiche teologiche13 . Il 9 agosto 1943, al mattino presto, Franz
Jägerstätter, assieme ad altri condannati viene portato a Brandeburgo. Franz
Jägerstätter viene ghigliottinato a Brandeburgo sull’Havel il 9 agosto 1943
alle ore 16. Nelle sue ultime ore il condannato viene assistito dal parroco di
Brandeburgo, padre Albert Jochmann, il quale prima dell’esecuzione lo confessa
e gli dà l’Eucarestia. È questo stesso sacerdote a trasmettere alla moglie di
Franz la notizia dell’esecuzione. Ad alcune suore austriache presenti nella
propria parrocchia, così padre Jochmann parlerà di Franz Jägerstätter: “Non
posso fare altro che felicitarmi con voi per questo vostro compatriota, che è
vissuto da santo ed è morto da eroe. Sono certo che quest’uomo semplice è
l’unico santo che io abbia incontrato nella mia vita”14. Saranno queste religiose, al termine della guerra, a
far portare in patria l’urna con il corpo di Franz Jägerstätter, che ora riposa
nel cimitero di St. Radegund, dove un grande crocifisso e una lastra marmorea
indicano la sua tomba.
Il
riconoscimento della grandezza di Franz Jägerstätter
Al
termine della guerra Josef Karabath, parroco di St. Radegund per diversi anni e
amico fraterno di Franz Jägerstätter, invia una relazione al vescovado di Linz
affinché la vicenda di Franz Jägerstätter sia resa di pubblico dominio. Il
vescovo di Linz, Fließer, respinge la richiesta: presentare la scelta di
Jägerstätter come un modello oggettivamente valido avrebbe significato
riconoscere gli errori compiuti dalla Chiesa durante la guerra nel non
condannare il nazionalsocialismo. Inoltre si temeva la reazione dei molti reduci, che avrebbero
potuto imputare alla Chiesa di non aver detto loro in tempo di guerra qual era
la giusta posizione. Soltanto il 21 agosto 1963 il settimanale ufficiale della
diocesi di Linz pubblicherà un articolo di padre Franz Baldinger, che aveva
visitato Franz Jägerstätter in carcere. Il riconoscimento effettivo da parte
della diocesi di Linz della testimonianza offerta da Franz Jägerstätter si ha
ad opera del vescovo Wagner nel 1978 in occasione del 35° anniversario della
morte, con la celebrazione di una Messa commemorativa a St. Radegund.
Successivamente, nella Messa per il 40° anniversario della morte, il nuovo
vescovo di Linz, Aichern, presenterà Jägerstätter come un autentico esempio di
vita cristiana. Nel 1983, nel martirologio d’introduzione alla messa celebrata
dal Papa al Donaupark di Vienna, trova posto anche il nome di Franz
Jägerstätter. In precedenza, durante il Concilio Vaticano II, il nome di Franz
Jägerstätter era stato citato a lungo dall’arcivescovo gesuita di Bombay,
Thomas Roberts; questi, infatti, aveva portato più volte l’esempio del
contadino austriaco per richiedere un più preciso pronunciamento del Concilio
in materia di pace e di obiezione di coscienza, oltre che per affermare il
concetto di “responsabilità del laico” e quello della “dignità della coscienza
morale”. Infine, il 1° giugno 2007 papa Benedetto XVI ha riconosciuto il
martirio di Franz Jägerstätter nel centenario della nascita e il 26 ottobre
dello stesso anno, festa nazionale austriaca, nel duomo di Linz il contadino
austriaco è stato proclamato beato alla presenza della moglie, delle tre figlie
e di migliaia di persone.
La storia di un martire
Thomas Merton ha così concluso le pagine che ha
dedicato a Franz Jägerstätter nel suo libro Fede e violenza: “La storia
del contadino austriaco è in modo evidente quella di un martire, di un
cristiano che seguì la propria coscienza e la volontà di Dio con una dedizione
che non può trovare piena giustificazione soltanto in un movente umano. In
altri termini sembra che già in questa biografia si possa trovare una prova
persuasiva di ciò che la Chiesa cattolica considera santità. Il vero problema
sollevato dalla vicenda di Jägerstätter non è unicamente quello del diritto
individuale del cattolico all’obiezione di coscienza (ammesso in pratica anche
da quelli che dissentivano completamente da Jägerstätter), ma è il problema
della missione propria della Chiesa: di protesta e di profezia nella più grave
crisi spirituale che l’uomo abbia mai conosciuto”15 .
Anselmo Palini
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