Lo spettro dello spirito di Monaco



La grande illusione del pacifismo
Un testo di Adriano Sofri su La Repubblica  del 28 settembre 2004 che resta un punto di riferimento per conoscere e analizzare una radicale disillusione di una generazione verso il pacifismo. Lo spettro dello spirito di Monaco 

 Che cosa si può fare del programma di armamento nucleare iraniano? In Israele qualcuno pensa di andare a bombardare le stazioni atomiche in Iran. Idea avventurista, brigantesca? Certo, certo. Però successe già. Aerei israeliani andarono a far fuori l' ultramoderno reattore nucleare di Osirak, alla periferia di Bagdad, 70 megawatt, fornito dalla Francia e sostenuto dagli italiani. Ci furono universali proteste: briganti, criminali internazionali.
Non so, senza quell' impresa criminale, se si sarebbe trovato un altro modo di impedire a Saddam Hussein di dotarsi dell' atomica fin dagli anni ' 80 - c' era la guerra con l' Iran. (Difficile dimenticarla la storia di Osirak, perché uno dei piloti diventò poi il primo astronauta israeliano, e morì con l' intero equipaggio al rientro nell' atmosfera del Columbia, finito in frantumi accanto a una cittadina texana chiamata Palestine). Che cosa fare dunque dell' atomica iraniana? Forse non sappiamo che cosa rispondere, ma che la domanda ci riguardi è un fatto. Ho letto le memorie di Richard N. Gardner, che fu ambasciatore americano in Italia nel 1977-81, gli anni della presidenza Carter. ("Mission: Italy", Mondadori). In quegli anni si compirono due eventi fatali: l' assassinio di Aldo Moro, e la decisione sull' installazione dei missili Cruise.
Sui giorni di Moro il libro è piuttosto svelto. Gli preme di ribadire l' assurdità dei sospetti su una regia americana del sequestro brigatista: assurdità scontata per chiunque non abbia bisogno di consolarsi cercando zampini altrui in una vicenda così tragicamente nostra. Sugli euromissili la ricostruzione è molto interessante, anche perché ne dipende il bilancio finale sugli anni di Carter. Nel 1977 l’Urss sostituì i missili nucleari SS4 e SS5 con i molto più potenti SS20. All' inizio del 1979 un centinaio di SS20 era già operativo. L' estremismo senile aveva spinto Breznev a quella sfida, con una gamma di intenzioni, dalla devozione sovietica alla Potenza e al suo spiegamento militare, alla tentazione di staccare dall' Europa, teatro d' azione degli SS20, l' America, che restava fuori dalla loro gittata. (La pazzia militarista brezneviana sarebbe arrivata alla fine del 1979 all' invasione dell' Afganistan, vera origine, con la rivoluzione khomeinista, della guerra dei mondi attuale). In risposta, la Nato decise nel dicembre 1979 di dispiegare 572 missili nucleari Pershing 2 e Cruise.
L' adozione dei Pershing 2 era stata accettata dalla Germania di Helmut Schmidt alla condizione che almeno un altro membro continentale della Nato accogliesse i Cruise. Belgio e Paesi Bassi si sottrassero per evitare l' opposizione della sinistra e di gruppi cattolici. L' Italia del 1979 era il Paese più vacillante e sospetto agli occhi della Nato e degli americani, per l' instabilità interna, la violenza terrorista, e l' imminenza apparente dell' avvento del Pci al governo. All' incontro della Guadalupa, nel gennaio 1979, dove si prese la decisione fra Usa, Gran Bretagna, Francia e Germania, l' Italia fu esclusa. Secondo Cossiga il cancelliere Schmidt premeva per sospendere dalle responsabilità Nato politici e militari italiani. Il governo italiano, al contrario, si impegnò.
La decisione di accogliere 112 Cruise fu presa nel 1979, col governo Cossiga, e il sostegno determinante di Craxi. La designazione di Comiso e i lavori per l' installazione andarono dal 1981 a tutto il 1983, e videro la crescita di un' enorme mobilitazione pacifista, la vera antenata del pacifismo di questi anni. La domanda di allora era: che cosa si può fare per smantellare gli SS20? Dal variegato arcipelago pacifista, così come dal Pci, non venne una risposta più che simbolica. Una parte era apertamente prosovietica.
Una parte ebbe cura di cercare un legame con l’opposizione dissidente dell' Europa centrale e orientale: intenzione importante, ma fragile sul piano pratico, data l' enorme sproporzione fra la libertà e capacità di mobilitazione dell' Europa occidentale e la repressione dirimpetto, compresa la Polonia di Solidarnosc e di Jaruzelski. Una parte ripeteva il proposito del disarmo unilaterale, tradotto nelle denuclearizzazioni comunali, troppo nobile per essere vero, cioè per impensierire i sovietici, che al contrario se ne sarebbero congratulati.
Il Pci (il Psi era diviso) si attestava più o meno furbescamente sull' auspicio della trattativa di Ginevra, del disarmo bilanciato, della moratoria delle installazioni eccetera, ma accettando il fatto compiuto degli SS20. Berlinguer non spinse mai lo strappo fino al ripudio della fedeltà all' Urss (né alla rinuncia ai finanziamenti sovietici), anche dopo aver dichiarato l' esaurimento della "spinta propulsiva". E pur nutrendo in cuore i sentimenti che ora Massimo D' Alema ha rievocato, fino al grottesco, nel ricordo del funerale di Andropov ("A Mosca l' ultima volta. Enrico Berlinguer e il 1984", Donzelli): «Al di là dell' inevitabile realismo politico, si era definitivamente consumata una storia e spezzato un vincolo di appartenenza a radici comuni». è un falso problema se Berlinguer restasse comunista fino alla fine, o non se la sentisse di chiedere troppo a una base riluttante: Berlinguer era probabilmente rassegnato all' idea morale, per così dire, che non si possa spezzare del tutto il vincolo col destino di una generazione.
Gardner riconosce che il Pci fu sobrio nella mobilitazione della piazza sugli euromissili. Fu invece impressionante il movimento per la pace lungo quegli anni. Manifestarono in centinaia di migliaia a Roma il 24 ottobre 1981, e a Madrid, Atene, Amsterdam, Barcellona nei giorni successivi. (Il 10 ottobre a Bonn 300.000 persone avevano manifestato contro Pershing Nato e SS-20 sovietici: solo che gli SS20 erano già installati e operativi da due anni). Il 22 ottobre 1983 sfilarono a Roma in un milione: «Comiso non sarà la nuova Hiroshima».
La mobilitazione a Comiso fu praticamente quotidiana, ed ebbe una straordinaria creatività, una enorme partecipazione internazionale, una caratteristica rissosità, e una forte ingenuità e inefficacia.
Nel 1984 i Cruise erano installati a Comiso. La questione era ormai passata nelle mani di Ronald Reagan. Carter, che pure aveva comandato dei sommergibili nucleari, era parso come un maldestro produttore di noccioline giocato da un produttore di pistacchi, l' ayatollah Rafsanjani. Gardner ribadisce energicamente, a proposito degli euromissili, il merito di iniziatore di Carter, troppo oscurato dal realizzatore, Reagan. Al di là della fedeltà dell' ambasciatore al suo presidente, il bilancio dei fautori degli euromissili è netto: essi costrinsero i sovietici a tirarsi indietro, li portarono al negoziato sul disarmo e alla fine allo smantellamento reciproco dei due sistemi, firmato nel 1987 da Reagan e Gorbaciov, vigilia dello sfaldamento dell' impero militare sovietico.
E dunque la stessa decisione dei governi italiani rivendica la sua quota di merito nella ricaduta planetaria di quel confronto. Arrigo Levi, nella prefazione a Gardner, afferma: «Quella nostra decisione... contribuì in modo straordinario, forse persino decisivo, alla caduta dell' impero sovietico e alla fine del comunismo»; e lamenta che quel contributo sia ancora troppo ignorato. Non so se dal variegatissimo movimento pacifista di allora siano venute riflessioni che si misurassero col senno di poi. Io stesso - che fui attore insignificante di quel movimento, benché acquistassi, su istigazione di Alexander Langer, qualche metro quadrato di terra al confine con l' aeroporto di Magliocco, di cui non so che uso si faccia oggi, spero a giardino - non ci ho ripensato abbastanza.
Certi commiati dalle idee che avemmo sono stati così taglienti da indurre a travolgere tutti gli effetti di quelle idee nella loro decadenza. Ma non è così che può farsi la storia, semplicemente capovolgendola, come una clessidra svuotata. Mettiamo che io riconosca che, sul confronto per gli euromissili, il ministro Lagorio avesse più ragione del mio amico Aldo di Comiso: questo non toglie che io sia contento di essere stato dalla parte di Aldo, e di innumerevoli altre persone che animarono quella mobilitazione.
La questione si ripropone tal quale oggi. Ho una critica forte del pacifismo, della sua ingenuità, unilateralità e inefficacia (non parlo delle complicità, che pure vi allignano, con stati tirannici e bande terroriste, in nome dell' antimperialismo) e ho una simpatia forte per la gran parte delle persone che si sentono pacifiste. Temo che la distinzione debba valere, benché in grado variabile, per qualunque raggruppamento umano: fra comunismo e comunisti, fra fascismo e fascisti, e perfino, in un grado estremamente ridotto, fra nazismo e nazisti. E il reciproco: che dalla parte dell' "ismo" di volta in volta storicamente e moralmente giusto possono trovarsi anche persone non giuste.
Tutto questo può sembrare scandaloso, oppure, più probabilmente, ovvio: tuttavia non è ovvio nei fatti, e non c' è nuova mattina che non lo mostri. Quanto al pacifismo, se n' è avuta appena una dimostrazione, la più dolorosa, nelle figure diventate improvvisamente così pubbliche di Enzo Baldoni, di Simona Pari, di Simona Torretta. (Non so se a Baldoni si addicesse il titolo di pacifista: di odiatore della guerra sì). Persone cui si vuol bene, di cui si vorrebbe essere amici, alla cui vita si è riconoscenti: che si condivida o no l' ispirazione politica di "Un ponte per...". L' ambasciatore Gardner può rivendicare di aver avuto ragione, e con lui Cossiga, e Craxi, e Pertini, e Spadolini e Lagorio. (Craxi prese il primo posto nella polemica, com' era nel suo temperamento, contro i "pacifisti demagoghi"). Può obiettare chi abbia la temerarietà di giudicare una sciagura la sequenza che portò dalla crisi degli euromissili al crollo del muro di Berlino.
Io me ne rallegro, sebbene non mi pieghi affatto all' idea che tutto ciò che si realizza sia razionale e buono. Le cose potevano andare in un altro modo, possono sempre andare in un altro modo. Ma rispetto alle migliori speranze profonde che ispirarono il movimento per la pace, il disarmo reciproco, il superamento dei blocchi militari, la liberazione dell' altra metà dell' Europa, l' installazione di Pershing e Cruise fu efficace, mentre la vasta, lunga e coraggiosa opposizione rischiò di rafforzare l' arroganza militarista sovietica.
Gorbaciov ha scritto del Breznev degli SS20: «Un imperdonabile errore... commesso nell' ingenua convinzione che i movimenti pacifisti avrebbero impedito all' Occidente di prendere concrete contromisure». Può darsi che la storia si diverta proprio così, a mescolare a casaccio i suoi soldatini di piombo, la gente giusta dalla parte sbagliata e viceversa. Può darsi: ma non diventi una consolazione ai nostri sbagli, e nemmeno la rassegnazione a non cercare di mettere assieme la gente giusta con la parte giusta. In fondo, è il traguardo ultimo del genere umano: mettersi insieme dalla parte giusta - senza di che il gioco finirà.
La Pace - lo scrivo controvoglia con la maiuscola, per segnarne la distanza dalla pace possibile che dobbiamo sperare e difendere - offre la Parte Giusta per definizione, e molti vi si rifugiano di tutto cuore. Bella illusione, ma illusione. L' amore per la pace è diventato a volte un irenismo insidiato dalla cecità o dalla viltà: dallo "spirito di Monaco". Fu il retaggio più amaro e nobile delle due guerre e di Hiroshima, ma fu a lungo tradito dalla soggezione al mito del comunismo sovietico. Rinacque, alla fine degli anni ' 70, in una dubbia riconversione del sogno esausto della rivoluzione sociale e politica, e però anche nella conversione dalla vita intesa come lotta e violenza all' impegno per la nonviolenza e la solidarietà con la terra.
L' ecopacifismo di quegli anni restò a mezza strada fra conservazione e conversione, e il "movimento dei movimenti" è ancora a quella mezza strada. La mobilitazione contro gli euromissili sedimentò una sensibilità alla pace e un impegno personale: resta il paradosso di un retaggio pacifista nutrito dalla lotta contro una misura che portò a un mutuo disarmo. Dire sì alla pace e no alla guerra, dirlo sul serio, nella propria vita personale e nel proprio impegno in solido, è una magnifica cosa. Un magnifico privilegio della vecchia Europa, finché dura. Ma non è un punto di arrivo, al contrario. Bisogna farsi lo stesso tutte le domande. C' è quella dannata situazione, in Iraq. C' è la faccenda delle armi nucleari nell' Iran dei mullah. Riguarda l' Aiea, gli americani, Israele, l' Onu. E noi?
Adriano Sofri

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